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Toscana a cavallo: Palazzuolo Sul Senio

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Palazzuolo Sul Senio è un piccolo borgo toscano, situato a circa 45 km a nord di Firenze, nonché uno dei borghi più romantici in Italia. A dire il vero, a parte poche foto e video trovati online, non si trovano molte informazioni a riguardo e non avevo idea di cosa aspettarmi. Se da una parte l’idea di attraversare l’Appennino in sella mi tentava moltissimo, dall’altra… ero tremendamente spaventata.

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Non montavo a cavallo da quasi un anno, per mancanza di tempo, e ricominciare con sette ore in una sola giornata, con tanto di replica il giorno seguente, era abbastanza estrema. Complici però la presenza di mio marito Al e svariati scambi di opinioni ed esperienze su un gruppo Whatsapp dedicato proprio a questo viaggio, mi sono convinta.

Ci saremmo concessi questo weekend da avventurieri… anche se significava imparare a viaggiare con poche, pochissime cose. Tutto ciò che ci sarebbe servito per due giorni tra i monti doveva tassativamente stare in uno zaino. E questo, ovviamente, includeva anche le attrezzature fotografiche. Vi confesso che non è stato per niente facile!

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Toscana a cavallo: tra maneggi e badie

Un viaggio in treno e un passaggio in auto dopo, arriviamo a San Lorenzo, in Toscana. Avremmo passato la notte alla Badia di Moscheta, un’antica abbazia risalente all’anno 1000, restaurata senza per questo tradire il ricordo dei monaci benedettini che l’hanno dedificata. Ci sono due grandi centri equestri nella zona e si tratta proprio della Badia di Moscheta e del Maneggio Casetta, che si trova a Marradi. Uno ad ovest e uno a sud di Palazzuolo Sul Senio. Il primo rinomato per le deliziose bistecche alla fiorentina, il secondo per le escursioni in un vicino castagneto, alla scoperta degli uccellini che lo abitano.

Giunti al luogo dell’appuntamento, conosciamo Giovanni, mountain man e horse whisperer di Badia di Moscheta. Cappello da cowboy sempre calcato sul capo (non l’ho mai visto senza) e un atteggiamento inizialmente ruvido, ha guardato con aria scettica i nostri zaini. Volevamo davvero portare “tutta quella roba” con noi? Uno per uno ha passato in rassegna i bagagli nostri e delle ragazze che viaggiavano con noi. Questo si, questo no, questo non ci va nelle borse da sella. Arrivato ai nostri zaini, mentre io sudavo freddo domandandomi se forse avrei dovuto lasciare a casa quella maglietta di ricambio in più, annuisce solennemente. Bel lavoro, ci dice. I vostri zaini vanno bene così (qui potete copiare un po’ di idee per viaggiare con una valigia leggera). Insomma, pare che io abbia finalmente imparato a viaggiare leggera!

Mentre il pickup arrancava lungo le tortuose stradine in salita che ci avrebbero portati a Firenzuola, Giovanni ci ha raccontato un po’ di storia e aneddoti locali. Siamo arrivati quindi nel mezzo di una serie di campi – e non si vedeva neanche una casa in lontananza – quando afferma, con un certo orgoglio, che “siamo arrivati, questi sono i miei cavalli“. Con un fischio dal pickup ha salutato un gruppo di cavalli in uno dei tanti pascoli tutto intorno a noi, ma ci sono voluti ancora parecchi minuti per arrivare a Badia di Moscheta.

Situata tra le colline, quasi nascosta da boschi di conifere che ci hanno ricordato le Black Hills americane, la badia si trova così tanto lontana dalla civiltà che non c’è neanche rete per i cellulari. Tutto ciò che potevamo vedere erano mandrie di cavalli che cavalcavano libere, protette dalla strada da semplici staccionate. Decisamente un bell’impatto per quel weekend in Toscana a cavallo!

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Toscana a cavallo: Haflinger

Gli Haflinger sono cavalli sudtirolesi, conosciuti in Italia anche come “Avelignesi“. Nel sud Italia da cui proveniamo, così come al maneggio di Crete Gialle di cui vi ho già parlato, sono molto diffuse invece razze americane come i Quarter Horse, i Paint horse e gli Appaloosa. Era pertanto la prima volta che vedevo intere colline piene di questi cavalli tutti uguali, dal manto dorato, con coda e criniera chiarissime.

Quando ho domandato ad alcuni dei cowboy a Badia di Moscheta che caratteristiche avessero, mi hanno risposto, con assoluta convinzione “gli Haflinger sono delle macchine“. Cavalli molto legati al branco, tanto da difendersi uno con l’altro o chiamarsi nitrendo se qualcuno dei loro compagni si allontana troppo, sono animali estremamente tranquilli, robusti e dal passo sicuro sugli impervi sentieri di montagna. Un po’ testardi fino ai sei anni, quando arrivano alla maturità gli Haflinger diventano quanto di più affidabile ci sia per il tempo libero e l’attività sportiva.

Nella mia ingenuità ho domandato a Giovanni se li avrebbero riportati nelle stalle di notte e a che ora li avremmo ripresi al mattino dopo per cominciare la traversata. Lo sguardo del mountain man è stato incredulo. Ho scoperto così che, a differenza di ciò a cui ero abituata, in questa parte della Toscana i cavalli vivono in libertà.

I predatori notturni infatti preferiscono cibarsi dei daini, prede facili e numerose, piuttosto che doversi scontrare con una mandria di cavalli che si difendono a vicenda. Non avevo mai visto niente del genere, ma ho puntato la sveglia alle sei del mattino dopo, per assicurarmi di esserci quando la mandria sarebbe tornata a Badia di Moscheta per mangiare una deliziosa bistecca alla fiorentina.

Intanto uno dei nuovi amici cowboy conosciuti quella sera, nel vedermi così interessata, ci invita ad accompagnarlo per farci conoscere i suoi bellissimi cavalli. Era già notte fonda e lungo il percorso sul suo 4×4 si vedevano soltanto le lucciole e gli alberi intorno a noi. Dopo essere saltellati sui sedili per un bel po’ in off road, abbiamo trovato la mandria.


Volete sapere perchè la cercava? Non solo perchè aveva voglia di farci conoscere quelli che per lui sono membri della famiglia, ma perchè aveva comprato loro delle carote e voleva dargliele come spuntino serale. Potete vedere da soli nel video all’inizio di questo articolo il modo in cui gli brillavano gli occhi e come quei cavalli reagivano alla sua presenza. Non c’è dubbio sul fatto che uomo e cavallo hanno stretto un legame fortissimo: anche lui fa parte del branco.

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Toscana a cavallo: attraversare l’Appennino

Al mattino dopo, Badia di Moscheta ha iniziato a riempirsi di cowboys e cowgirls. Nonostante fosse davvero presto, tutti avevano un bel sorriso stampato sulle labbra ed erano pronti a partire. Il nostro sorriso derivava fondamentalmente dalla deliziosa fettona di torta con crema e pinoli mangiata a colazione, ma neanche quella è bastata a farmi passare l’iniziale nervosismo.


Sono fatta così, soffro di ansia da prestazione! Prima di salire in sella ho iniziato a farmi venire mille dubbi. La traversata sarebbe stata difficile, e se non fossi stata esperta quanto credevo? Gli altri raccontavano di sentieri impervi e scoscesi, mentre io domandavo ad Al se non fosse troppo tardi per tornare indietro. E se mi fossi fatta male?

Volete la verità? Sono salita in sella perchè ho trovato, oltre a quello di mio marito, un volto amico. Cristina è una cowgirl che frequenta il maneggio di Badia di Moscheta. Gran chiacchierona, ha sempre un sorriso radioso per tutti. Mi ha aiutata lei a montare in sella a Zagabria, una bella Haflinger dal carattere tranquillo e mansueto, come ho scoperto strada facendo. Si è resa conto subito che ero nervosa e invece di forzarmi, mi ha calmata con due parole gentili e un incoraggiamento. Sarà che noi donne siamo sempre molto più perspicaci degli uomini?


Montati in sella, ci incolonniamo senza forzare i cavalli: hanno scelto loro il posto da occupare nella lunga fila. Eravamo ben ventidue e noi ci trovavamo in coda. Dietro di me un simpaticissimo pugliese, Luciano, Aldo in sella a Buriana e Cristina, le cui chiacchiere allegre ci hanno fatto compagnia per buona parte della traversata.
In effetti sette ore sono lunghe e possono diventare parecchio noiose… a meno di non mettersi a chiacchierare con i propri compagni di viaggio.

Addentrandoci nei boschi mi sono resa conto che la mia abilità di viaggiare leggera non aveva tenuto conto del freddo e dell’umidità delle foreste del nord della Toscana. Il freddo, per me che indossavo t-shirt e camiciona, era micidiale. Infilate altre due magliette dal mio misero bagaglio, sembravo l’omino Michelin, ma almeno non sentivo più così tanto freddo!

Lungo il sentiero, sull’Appennino silenzioso, abbiamo incontrato soltanto  un paio di gruppi di impavidi appassionati di mountain bike. In quest’area la natura la fa da padrona. Non esistono auto, rete per il cellulare o i rumori cittadini ai quali ci si abitua nella nostra vita quotidiana. C’è soltanto il dondolare placido sulla sella, il cuore che batte forte lungo le discese più scoscese, lo sciabordio dell’acqua nei ruscelli che si attraversano e il chiacchiericcio allegro dei compagni d’avventura.

Arrivati su in cima, dopo aver risalito il fianco della montagna, la veduta è quella della foto che trovate in cima a questo paragrafo. Non sembrava neanche di essere in Toscana, quanto piuttosto in una delle isolette verdi delle Hawaii. Il freddo ancora pungente serviva a ricordarci che fino a qualche giorno prima l’intera traversata era rimasta in dubbio: il meteo prevedeva pioggia.

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Dopo un’ora di pausa pranzo nei boschi, di cui vedete qualche pezzetto nel video, ci siamo rimessi in sella per cominciare la discesa sull’altro versante. Si sono uniti a noi un’altra decina di cavalieri, allungando la colonna proveniente da Badia di Moscheta. Soltanto un’ora dopo, tuttavia, Giovanni ci avverte che è meglio scendere. Il tratto della sassaiola infatti è troppo pericoloso da percorrere in discesa, in sella a un cavallo. Intanto lasciatici alle spalle il freddo umido della foresta, il sole ha preso a picciarci sulla testa, facendoci sudare. Divisa la poca acqua rimasta con Cristina, abbiamo iniziato a scendere.

Qualche giorno prima di partire, Giovanni ci aveva consigliato di indossare stivaletti da montagna invece degli stivali da equitazione. Ne ho capito il motivo soltanto nel corso della discesa. Se non avessi avuto il grip dei miei stivaletti, probabilmente mi sarei fatta molto male. Il sentiero a picco non presenta infatti alcun parapetto, e i ciottoli sotto di noi continuano a farci scivolare. Devo ammetterlo: ho sudato freddo per tutta la discesa. Al contrario della sua zavorra, Zagabria non è scivolata neanche una volta. Posso confermare che gli Haflinger non hanno alcun tipo di problema sui terreni scoscesi e scivolosi. La mia nuova amica a quattro zampe infatti non ha mai esitato.

Superata la sassaiola senza alcun danno, risaliamo in sella con le ginocchia che ci tremano.

L’ultimo tratto di avvicinamento a Palazzuolo Sul Senio è stato forse quello più noioso. O forse semplicemente la stanchezza aveva prosciugato tutte le parole. Gli addominali doloranti e le gambe rigide come pezzi di legno, ho esultato con gli altri quando, alla fine di un lungo sentiero alberato, abbiamo trovato i Carabinieri pronti a scortarci in città.

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Toscana a cavallo: l’arrivo a Palazzuolo Sul Senio

Nonostante la stanchezza, non ho potuto fare a meno di notare l’efficienza che ci ha accolto. Traffico bloccato per lasciarci passare, scorta e tanti fotografi a scattare foto alla lunga colonna di cavalieri in arrivo. I sorrisi delle nonnine uscite per salutare i cavalieri sono senza prezzo. Un bel biglietto da visita per Palazzuolo. Ma man mano, avvicinandoci al centro abitato, sono rimasta a bocca aperta. Cespugli di fiori, un piccolo fiume tranquillo nel quale i pescatori a mosca stavano tirando su il pescato del giorno, meravigliosi salici piangenti e arbusti rossi. Guardandosi intorno, nell’arrivare a Palazzuolo Sul Senio, tutto ciò che si vede è natura.

Montagne completamente verdi regalano l’impressione di trovarsi in un mondo dimenticato dalla modernità. In parte è proprio così, dal momento che il turismo di massa non è arrivato a sporcare questo piccolo paesino tra la Toscana e l’Emilia Romagna. I pochi turisti che arrivano qui sono motociclisti diretti al Mugello, che restano sbalorditi… esattamente come noi.

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La piccola torre dell’orologio sembra provenire da una fiaba per bambini, così come il campanile della Chiesa che si staglia contro una parete montuosa completamente verde e rigogliosa. La cittadina ospita circa 800 persone tutto l’anno, che aumentano un po’ nel periodo estivo. Famosa per una fiera medievale che pian piano si sta tentando di riportare agli antichi fasti, organizza tanti eventi e sagre proprio in estate.

Intanto noi cavalieri abbiamo attraversato tutto il paesino, unendoci agli altri già arrivati. Dissellati e abbeverati i cavalli, li abbiamo lasciati al pascolo e abbiamo incontrato la seconda parte del gruppo, che arrivava invece dal Maneggio Casetta di Marradi.


La tradizione dei cowboy qui è di godersi un aperitivo… lungo tutti i bar del paese, appena arrivati. Dopo la prima birra però, con le gambe distrutte e le palpebre pesanti, abbiamo deciso di farci accompagnare a Ca’ Scheta, un bed and breakfast situato sulle montagne intorno a Palazzuolo Sul Senio. La signora Paola ci ha accolti con un sorriso, mostrandoci questo posticino delizioso. Dopo una doccia ristoratrice, siamo tornati in città per la festa serale. Vino e cibo toscano in quantità, trenini e musica per tutta la sera: questa gente è instancabile!

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A dire il vero, avremmo dovuto risalire in sella il mattino dopo per esplorare il tratto di Appennino da Palazzuolo Sul Senio a Marradi, in compagnia di Vincenzo, horse whisperer ed esperto di queste montagne. Tuttavia i tanti mesi di inattività hanno portato con sè così tanti dolori muscolari che abbiamo deciso di dedicarci completamente alla città. Dopotutto ci aspettava la Sagra del Tortello, e chi se la perdeva?

Dopo un’abbondantissima colazione costituita da crostate con marmellata, biscotti e leccornie cucinate dalla signora Paola, ci siamo incontrati con Phil, il guru di quest’area, colui che sembra sapere tutto di tutti. Appassionato di queste montagne, infatti, le conosce come le sue tasche: quando parla di Palazzuolo Sul Senio gli brillano gli occhi. Ci ha fatto da guida alla scoperta di questo paesino delizioso, apprezzato molto dai motociclisti austriaci ed inglesi. Al pari della Linea Gustav, anche qui si è molto combattuto e ci sono tanti monumenti dedicati alle vittime della Seconda Guerra mondiale, soprattutto soldati inglesi.

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Tra giardini fioriti degni delle migliori fiabe e piccoli cortili nascosti, abbiamo passato una piacevole mattinata, incontrando anche un motociclista di 82 anni, ancora in sella alla sua Moto Guzzi Airone, un modello storico, che si è messo a chiacchierare e a raccontarci aneddoti relativi alla sua vita avventurosa. E’ proprio questo ad averci colpito più di ogni altra cosa, di Palazzuolo Sul Senio. La gente ti accoglie sempre col sorriso, come se fossi una persona di famiglia.

Dopo un buon piatto di tortelli – che potete comprare anche come souvenir dal vostro viaggio – al sugo di cinghiale, e un altro alle ortiche con salvia e burro, abbiamo esplorato il Museo delle Genti di Montagna. Questo Museo Archeologico organizza interessanti corsi e lezioni per bambini ed adulti: forgiatura, tiro con l’arco, lavorazione della terracotta. Nonostante le dimensioni contenute è davvero ricco di storia. Merita una visita anche solo per la presenza di un curatore sempre disponibile a fornire informazioni e raccontare aneddoti su ogni singolo pezzo della collezione.

Quando il nostro viaggio è giunto al termine, ci è dispiaciuto davvero tanto dover salutare i nuovi amici e questi magnifici luoghi appena scoperti. Così tanto che, in treno, mentre tornavamo a casa, ci siamo domandati candidamente… perchè non torniamo anche il prossimo anno?

Avete letto la nostra avventura a cavallo alla scoperta della Linea Gustav in Italia?

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Travelling Dany – Danila Caputo

Danila Caputo è una scrittrice di viaggi bilingue che vive tra Napoli e la Costiera Amalfitana, laureata in Lingue e Culture Moderne all’Università Suor Orsola Benincasa (Napoli). Vive e lavora con suo marito Aldo, fotografo e creator di video. Questo blog racconta le loro avventure nel mondo e offre tanti consigli sui viaggi sostenibili e su come essere viaggiatori responsabili. Trovate tutte le ultime novità sugli ultimi viaggi su Youtube, Instagram e Facebook.

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