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Route 66: Oatman, la città fantasma

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A pochi chilometri da Kingman, sull’iconica Route 66 in America, c’è una vera “ghost town“. L’Arizona infatti non è soltanto lo stato del Grand Canyon, dell’Horseshoe Bend o dell’Antelope Canyon. Qui, tra le Black Mountains della Mohave County, c’è una piccola cittadina storica, Oatman. Anticamente qui vivevano oltre 10.000 persone, ma oggi quel numero si è ridotto a un centinaio di abitanti che restano qui tutto l’anno.

Il nome di questa piccola cittadina viene da Olive Oatman, una giovane ragazza dell’Illinois, rapita dagli indiani Yavapai mentre viaggiava verso l’Ovest con i genitori e la sorella. Fu liberata molto tempo dopo in quest’area ed essendo la storia sulla bocca di tutti, gli abitanti scelsero di chiamare questo agglomerato di casette “Oatman“. La storia di Olive non è del tutto chiara ancora oggi. Le fonti storiche dicono tutto e il contrario di tutto, per cui mi limiterò a raccontare le poche cose che dovrebbero essere più o meno certe. Dopo il rapimento, fu ridotta in schiavitù e successivamente venduta alla tribù Mohave, la quale l’adottò come se fosse una di loro. Le tatuarono il volto così come tradizione della loro tribù, per potersi riconoscere nell’aldilà. Se avete guardato la serie tv “Hell on Wheels” del canale americano AMC, avrete probabilmente già riconosciuto Eva Tool, interpretata dall’attrice Robin McLeavy. Gli sceneggiatori si sono inizialmente ispirati alla storia di Olive Oatman per la creazione di questo personaggio, ma ciò non significa che la storia di Eva combaci del tutto con quella di Olive. La Oatman infatti si trasferì in Texas dove si sposò, non ci sono assolutamente prove storiche a supporto della tesi che abbia lavorato in un bordello come la Eva di Hell on Wheels.

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Robin McLeavy interpreta “Eva Toole” in Hell on Wheels. Copyrights Amc
 
La storia di questa piccola cittadina ha inizio nel 1869, quando Johnny Moss, alla ricerca d’oro, ne trovò una gran quantità, accaparrandosi due miniere che chiamò Moss e Oatman, perchè Olive all’epoca era una “celebrità” e tutti conoscevano la sua storia. La notizia del ritrovamento dell’oro attirò molti minatori e nonostante alcuni periodi di magra, nel 1904 Oatman iniziò a trasformarsi da un agglomerato di tende a una cittadina vera e propria, con tanto di Ufficio Postale, quando la Vi-vian Mining Company iniziò a lavorare in quest’area. Man mano che la popolazione cresceva, così faceva anche la città, arrivando ad aprire il suo primo giornale locale, l’Oatman Miner. Quando la Route 66 fu costruita, la città era al suo massimo splendore ed erano molte le Ford Modello T che si inerpicavano lungo la strada piena di curve fino a Oatman.
Nel 1921 un incendio distrusse buona parte della città, ma i minatori la ricostruirono in fretta. Purtroppo soltanto tre anni dopo, la compagnia mineraria più importante, la United Eastern Mines, chiuse i battenti definitivamente. Oatman rimase a galla soltanto grazie alla Route 66. Dopotutto è stato stimato che dalle sue miniere fosse stato tirato fuori un quantitativo d’oro pari a 36 milioni di dollari americani: la città ospitava due banche, sette hotel, venti saloon e almeno una dozzina di negozi. Tra l’altro, l’Oatman Hotel è il posto nel quale Clark Gable e Carole Lombard trascorsero la prima notte di nozze dopo essersi sposati a Kingman nel 1939. Già soltanto questo attirava moltissimi turisti.
 
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Solo quando la Route 66 si fuse con l’Interstate 40 Oatman è quasi morta, guadagnandosi così l’etichetta di “città fantasma”. Oggi è un misto tra cittadina storica e trappola per turisti. Potete passeggiare lungo la strada principale e visitare la ricostruzione di una miniera (minuscola, al massimo è possibile muovere un paio di passi all’interno, non mi ha particolarmente impressionata!), ma ciò che attira sempre più turisti sono i “burros” selvatici. Si, avete letto bene. Quando i minatori lasciarono Oatman, non portarono con sè gli asinelli che utilizzavano nelle miniere. Diventarono selvatici e continuarono a riprodursi. Oggi passeggiano lungo le strade della città, mangiano carote dalle mani dei turisti, si prendono un po’ di carezze e al tramonto si allontanano per tornare alle loro tane sulle colline.

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A Oatman non è infrequente vedere parcheggiate auto vintage americane lungo la strada principale: sembra davvero una vecchia e sgangherata cittadina western. Due volte al giorno (alle 13:30 e alle 15:30) i cowboy-attori della compagnia Ghost Rider Gunfighters organizzano spettacoli di beneficenza con sparatorie lungo la strada principale… mentre i docili burros continuano a passeggiare, qualche volta rovinando gli spettacoli con buona pace (e tante risate) dei turisti e degli stessi attori.

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Se volete visitare Oatman, suggerisco di passare la notte a Kingman o a Golden Shores. La strada che da Kingman porta ad Oatman è molto stretta e piena di curve, senza nemmeno un guardrail (non è permesso infatti l’accesso ai camper o altri veicoli simili), tuttavia guidando con cautela è comunque possibile passare una giornata divertente mentre si percorre la Mother Road. Se al contrario siete alla guida di un camper o non vi sentite abbastanza sicuri da percorrere la “Blody 66” (nomignolo affibbiato al tratto tra Kingman e Oatman), la strada che arriva a Oatman da Golden Shores è molto più larga e sicura (lunga circa 20 miglia). Dal canto nostro abbiamo deciso di trascorrere una notte in più a Kingman per visitare Oatman, e guidando con cautela, non abbiamo trovato questa strada così tanto pericolosa. E’ comunque meglio rientrare prima del tramonto, per poter cenare a Kingman (una città molto più grande e vivace).

A meno che non vi piacciano particolarmente le città fantasma, non consiglio di passare la notte a Oatman, anche se potreste essere tentati dalla possibilità di vedere il fantasma che si dice infesti le stanze dell’Oatman Hotel, Oatie.

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Al contrario, mangiare un boccone nell’area saloon di questo hotel vecchio stile è un’ottima idea: servono un meraviglioso panino con doppio hamburger di bufalo e patatine fritte, deliziando gli avventori con musica country live tutto il giorno. Il saloon è completamente tappezzato da banconote americane e non, e i turisti potranno sbirciare attraverso un plexiglass nella stanza che ospitò Clark Gable e Carole Lombard, che è rimasta da allora più o meno la stessa. In caso trovaste uno spazietto vuoto, potrete appendere una banconota italiana alle pareti, come tanti altri turisti provenienti da tutto il mondo hanno già fatto!

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Travelling Dany – Danila Caputo

Danila Caputo è una scrittrice di viaggi bilingue che vive tra Napoli e la Costiera Amalfitana, laureata in Lingue e Culture Moderne all’Università Suor Orsola Benincasa (Napoli). Vive e lavora con suo marito Aldo, fotografo e creator di video. Questo blog racconta le loro avventure nel mondo e offre tanti consigli sui viaggi sostenibili e su come essere viaggiatori responsabili. Trovate tutte le ultime novità sugli ultimi viaggi su Youtube, Instagram e Facebook.

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